AFFOSSATO IL PIANO NOMADI. La vicesindaco Sveva Belviso confessa che l’8 agosto i giudici amministrativi hanno emesso una sentenza con la quale sospendono il trasferimento di 100 macedoni dal campo “vergogna” di Tor de Cenci a La Barbuta. Nel dispositivo il Tribunale accusa il Comune di Roma di atti discriminatori perché assegna moduli abitativi invece che case popolari. Il Campidoglio prepara il ricorso al Consiglio di Stato. Al secondo siluro consecutivo il piano nomadi scricchiola e affonda. Col sorrido stampato è il vicesindaco e assessore “al ramo”, la bionda Sveva Belviso, che confessa candidamente: “L’8 agosto la II Sezione del Tribunale civile di Roma ha accolto la richiesta di alcune associazioni dette umanitarie di bloccare l’assegnazione dei moduli autorizzati al campo de La Barbuta. La motivazione è che si imputa al Comune di Roma di compiere atti discriminatori nei confronti della popolazione rom perché assegna moduli abitativi all’interno dei campi nomadi e non case popolari”.
La sentenza apre un dibattito epocale: se il Comune di Roma decide di spostare i rom da un campo spontaneo ad uno attrezzato non lo può fare, a meno che non assegni loro una casa popolare. Qualsiasi altra decisione è di “carattere discriminatorio e compromette la dignità sociale”. Dunque, case popolari ai rom e niente campi, anche se attrezzati, attrezzatissimi e lontani anni luce dalle fogne a cielo aperto nelle quali la cultura – e a volte la disperazione – li ha portati a vivere. Così ha deciso il Tar, accogliendo il ricorso presentato lo scorso 20 marzo dalle associazioni “21 luglio” e dall’Asgi, “Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione”.
Chiaro è che il Comune non starà a guardare e già nei prossimi giorni presenterà il ricorso al Consiglio di Stato non tanto per sbloccare il trasferimento di 100 macedoni dalla “fogna” di Tor de Cenci, al campo de La Barbuta, quanto per contrastare il principio giuridico evocato dai giudici amministrativi secondo i quali ai rom debbono andare le case popolari.
La Belviso che con questo atto segna una sconfitta clamorosa dell’azione del Comune, abbassa ufficialmente i toni e prova a spiegare: “Credo che si tratti di un atto miope di un magistrato che non si è reso conto. Io mi sono resa disponibile da subito ad accompagnarlo per verificare le condizioni dei campi rom abusivi, fargli vedere quei bambini, dove giocano, tra fogne e topi”.
Poi riprende coraggio: “Non si può chiedere al sistema-Paese di creare una corsia preferenziale per i nomadi perché ci sono migliaia di cittadini italiani e stranieri – spiega – che aspettano una casa popolare e quindi i nomadi dovrebbero mettersi in graduatoria per le case popolari così come tutti gli altri cittadini. E nel frattempo dove li mettiamo? Li lasciamo andare nei boschi?”.
Ma su Facebook che si scatena: “Vergogna!!!! Se dovesse passare questo principio, e se fosse confermata l’ordinanza, si creerebbe un precedente giuridico, secondo il quale nel Paese si dovrebbero chiudere tutti i campi autorizzati senza alcuna alterativa, facendo ricadere queste popolazione nell’illegalità più diffusa con inevitabili ripercussioni verso loro stessi e verso la cittadinanza”.
E sullo stop allo spostamento da Tor de Cenci della comunità, arriva anche l’intervento del presidente del XII Municipio, Pasquale Calzetta: “Ormai credo che sia chiaro a tutti, in questo paese chi governa dopo aver vinto delle elezioni non può lavorare. Arriva sempre una qualche sentenza di Tribunale o un pronunciamento del TAR e qualche altro provvedimento che di fatto annulla senza ragione la decisione dell’organo politico”.
E aggiunge: E’ “Per quanto riguarda Tor de’ Cenci lo spostamento dei Rom si è svolto in modo assolutamente condiviso con le comunità del campo, non sono state fatte deportazioni di nessun tipo e si è avuto tutto il rispetto per ogni singola persona, bambino o anziano. Ora questa sentenza blocca il piano nomadi e soprattutto impedisce migliori condizioni di vita per i nomadi e anche per i cittadini italiani. Continueremo a lavorare per questo, sicuri di essere nel giusto e di fare il bene della città”.